L’AMBIENTE URBANO: COME POSSIAMO RIEQUILIBRARE IL NOSTRO TERRITORIO?

Vivere nella cintura metropolitana di Milano significa anche interessarsi del proprio ambiente.

Tantissimi cittadini dell’area metropolitana vivono all’interno del Parco Agricolo Sud Milano: una ampia superficie estesa a semicerchio lungo il perimetro a sud della provincia di Milano composta da 61 Comuni.

In generale ancora troppi pensano che questo “beneficio” ambientale non significhi altro che poter accedere a un’area di svago e relax, ma non è così: all’interno del parco ci sono tante associazioni e aziende agricole che operano tutti i giorni per raggiungere l’obiettivo di valorizzare e riqualificare le aree agricole e far conoscere le potenzialità del territorio fuori porta a Milano e in Lombardia.

Ieri ho avuto l’occasione di incontrare due importanti personalità del mondo “green” dell’area metropolitana di Milano, Sergio Pellizzoni, agronomo e agricoltore di prossimità, e Silvio Anderloni, direttore del Centro per la Forestazione Urbana. Entrambi mi hanno aiutato a realizzare una riflessione importante: passata un’epoca di grande acquisizione di consapevolezza ambientale che ha visto il riconoscimento di attività volte al recupero agricolo e ambientale nell’area urbana e periurbana, oggi il lavoro sul tema “ambiente” si è cristallizzato nella gestione ordinaria delle prassi prodotte ed ora esistenti sul territorio. Sicuramente questo è sufficiente per mantenere una dignitosa salvaguardia del territorio, ma non è abbastanza se vogliamo iniziare a pensare l’ambiente che viviamo non solo come un insieme di aree più o meno edificabili, ma come un sistema ecologicamente auto equilibrante e auto sostenibile.

La Lombardia, e in particolare la Città Metropolitana di Milano, è ormai diventata l’area più inquinata d’Europa: le soluzioni spot per cercare di ridurre le emissioni di CO2 sono insufficienti, l’ente Regione non si è mai occupato di creare né ha mai voluto aderire a un piano di conversione green del territorio e la conseguenza di ciò è che e il tasso di mortalità da inquinamento non diminuisce, anzi è in aumento. Tante aree metropolitane europee si sono date obiettivo 0 vendita di auto a benzina/gasolio entro il 2025 e tante altre hanno iniziato a invertire la visione delle pianificazioni urbanistiche, favorendo la coltura nelle aree pianeggianti centrali e spostando gli insediamenti nelle aree collinari periferiche, solo noi siamo rimasti al concetto di sviluppo urbano anni ’80!

Eppure, le potenzialità per cambiare il nostro territorio puntando su una nuova forestazione, su un’agricoltura di impresa locale e  su una fruizione del verde pubblico attiva da parte dei cittadini sono a portata di mano, basterebbe che l’ente pubblico avesse il coraggio di investire su un piano di sviluppo integrato di lungo periodo volto a riequilibrare ecologicamente ed economicamente il nostro territorio.

L’esempio del Bosco in Città e del Parco delle Cave ci dice che quando il pubblico responsabilizza gli enti gestori dotandoli di adeguati finanziamenti e assegnando loro l’intera gestione del processo di mantenimento e sviluppo del verde urbano attraverso la riforestazione e l’attivazione di programmi di coinvolgimento attivo dei cittadini che si riappropriano degli spazi, l’intera area urbana confinante i parchi beneficia di maggior equilibrio ecologico e di una maggiore sicurezza dei luoghi pubblici.

L’esempio del campo frutticolo di Caio Mario invece è un esperimento di agricoltura di prossimità che vuole andare oltre l’assistenzialismo e vuole portare nella Città Metropolitana l’esperienza dell’agricoltura locale non intensiva come vera e propria impresa di autosostentamento che reintroduce alcune professioni in città, riequilibra ecologicamente l’ambiente urbano, contribuisce a migliorare il controllo del territorio contro chi inquina o costruisce abusivamente e, nel lungo periodo, aiuta ad allontanare i gas di scarico dei veicoli trasportatori di alimentari. Questi esperimento di rifà all’esempio di nuovo sviluppo urbanistico francese che si sta sviluppando ad esempio a Grenoble.

Ciò che accomuna entrambe le esperienze che ho visitato ieri è la seguente richiesta: la regione Lombardia smetta di essere attore passivo dello sviluppo agricolo e ambientale del territorio, costruisca una visione di lungo periodo dello sviluppo territoriale orientata alla creazione di un equilibrio ecologico auto sostenibile tra città, foreste, parchi e campi agricoli, abbia il coraggio di investire sulle imprese agricole non intensive e sulla reale responsabilizzazione degli enti che gestiscono i parchi. Le esperienze, il know how e la volontà da parte degli attori territoriali c’è, devono solo di essere messi in condizione di poter realizzare questa tanto attesa rivoluzione ambientale.

Personalmente mi farò carico di queste istanze e le porterò in Regione Lombardia, nulla può essere progettato per il futuro se per prima cosa non pensiamo a come far sopravvivere il nostro territorio al presente!

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