Dagli anni 80-90, quando i Consultori rappresentavano un presidio attivo e capillarmente diffuso sul territorio, rivolto soprattutto alla salute delle donne (a livello sanitario, di prevenzione, sociale…) si è arrivati alla situazione attuale, con Consultori che si occupano di famiglia in senso lato, compresa la disabilità, operatori oberati di pratiche burocratiche, affluenza limitata di fatto soprattutto alle persone con difficoltà economiche. Cerchiamo di fare un punto sulla situazione e capire qual è stata l’evoluzione voluta dalla Regione Lombardia di questo servizio pubblico.
La delibera delle Regole del 2011 dichiarava in modo molto chiaro che “I consultori familiari pubblici e privati accreditati costituiscono il nodo fondamentale della complessiva rete di servizi ed interventi a favore della famiglia nel suo ruolo generativo e di cura. E` necessario pertanto prevedere un rinnovamento della mission dei consultori, affinché diventino veri centri per la famiglia in grado di assicurare la presa in carico globale di tutte le problematiche che attengono le famiglie in senso lato. Al fine di realizzare quanto citato, è necessaria una profonda revisione delle competenze, delle funzioni e del modello organizzativo dei consultori”.
In questa stessa direzione si sono orientate anche le sperimentazioni avviate in questi anni.
Nel 2011 la dgr 937 – Allegato 17 dichiarava l’intenzione di ridefinire la mission dei servizi consultoriali passando “da Consultori familiari a Centri per la famiglia”, servizi in grado cioè di promuovere ed assicurare una presa in carico globale di tutte le problematiche che attengono le famiglie in senso lato, con particolare rilievo al potenziamento delle funzioni di ascolto, orientamento, supporto e sostegno psicopedagogico. Un servizio quindi per tutti, che rilanciasse e rinforzasse la funzione preventiva, di ascolto, accompagnamento, presa in carico globale e capace di accogliere le domande e i bisogni più diversi, ascoltandoli, riformulandoli se necessario, orientandoli anche verso altri servizi.
Per adempiere a questo cambiamento, la dgr 237 richiamava anche la necessità di creare o consolidare la rete di relazioni con Enti locali, Aziende Ospedaliere, Tribunali per i minorenni, Organismi del Terzo Settore, Reti familiari e Centri di aiuto alla vita.
Il 31.12.2016 si sono concluse le sperimentazioni ed è stato approvato il nuovo tariffario e la delibera delle Regole 2017
Reperire dati sul sistema d’offerta consultoriale lombardo (personale, utenti, accessi, prestazioni, provenienza, articolazione per fasce di età…) è impresa pressoché impossibile perchè non esiste più da tempo lo strumento del Bilancio sociale regionale, in cui venivano rendicontati dati di questo tipo e non c’è ad oggi una fonte regionale dove queste informazioni vengano rese pubbliche in maniera organizzata, ma voglio comunque provare a fare un punto all’indomani della conclusione del percorso sperimentale che lo ha attraversato in questi anni e a seguito dell’approvazione del nuovo tariffario.
Dai dati che si riescono a ricostruire emerge che negli ultimi dieci anni l’evoluzione del sistema d’offerta consultoriale ha visto un andamento “altalenante”: ad un iniziale incremento dei servizi – da attribuire esclusivamente al potenziamento del settore privato – è seguita nell’ultimo quinquennio una riduzione dell’offerta che ha riguardato prevalentemente il settore pubblico: infatti, in relazione all’obiettivo fissato dalla legge regionale 34 del 1996, che indicava 1 consultorio ogni 20 mila abitanti, il rapporto tra servizio/popolazione in Regione Lombardia si attesta oltre il doppio e presenta una grande variabilità su base provinciale. A dicembre 2016, il sistema di offerta lombardo dei consultori, è composto da 237 consultori familiari, di cui:
- 140 pubblici;
- 97 privati di cui 89 accreditati e di questi, 80 a contratto.
Al fine di concorrere ad una maggiore omogeneità nell’offerta è stato previsto nella Delibera delle Regole 2017 di ammettere la contrattualizzazione di nuovi consultori familiari accreditati, ma non ancora a contratto, con particolare attenzione ai territori che evidenziano un sottodimensionamento rispetto al rapporto tra numero dei consultori pubblici e privati a contratto e popolazione residente. Questo investimento, seppur nasca certamente dalla consapevolezza di un sistema consultoriale sottodimensionato, appare comunque residuale e poco incisivo poichè sposta molto poco nel rapporto tra consultori e popolazione residente, inoltre conferma il sottodimensionamento sia nella comparazione con altre Regioni del Nord Italia sia rispetto al dato medio nazionale.
Dalla comparazione interregionale emerge con chiarezza la peculiarità della nostra regione, che ha evidentemente puntato sull’integrazione nel sistema pubblico dei consultori privati accreditati, rispetto alle altre “comparabili”. Una scelta che però non pare aver sostenuto un’adeguata crescita dell’offerta complessiva.
La sperimentazione conclusa nel 2016 determina la decisione di ampliare le funzioni consultoriali, approvando un nuovo tariffario che, nella sua declinazione, stabilizza le azioni innovative sperimentate nel corso degli ultimi quattro anni, attraverso:
- l’introduzione delle funzioni di supporto psico socio educativo nel tariffario regionale;
- la conferma delle prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria;
- le prestazioni in materia di tutela dei minori, affidi e adozioni sono erogate in attuazione ai vigenti livelli essenziali di assistenza senza l’obbligo di prescrizione su ricettario regionale e in regime di esenzione, comprese le prestazioni mediche specialistiche erogate per il rilascio delle certificazioni ai fini dell’accertamento dell’idoneità fisica e psichica delle coppie che hanno presentato domanda di adozione al Tribunale per i minorenni (funzioni che già venivano svolte dai Consultori).
Inoltre, la delibera 6131 rende ancora più flessibili alcune prestazioni già incluse nel tariffario regionale e si caratterizza per alcune dimensioni specifiche:
- ampliamento quantitativo dell’offerta di prestazioni erogabili (innalzamento del numero di colloqui erogabili) e ampliamento della qualità dell’offerta di prestazioni (maggiore diversificazione delle tipologie di colloqui erogabili);
- apertura ai territori (possibilità di erogare anche fuori sede gli “Incontri con gruppi con utenti” secondo diverse tipologie ampliate di incontri);
- ampliamento della remunerazione per le funzioni di “Accoglienza e tutoring”;
- riconoscimento del lavoro anche con piccoli gruppi (numero minimo di 4 persone anziché 15) nelle attività di prevenzione ed educazione della salute.
Queste modifiche apparentemente “tecniche”, vanno in realtà nella direzione di sostenere, rinforzare e finanziare in modo più significativo interventi educativi e psicosociali e attività nei territori, interventi e attività che oggi sembrerebbero maggiormente sostenibili per i consultori privati accreditati più che per i consultori pubblici
I servizi consultoriali nascono come servizi ad alta integrazione socio sanitaria, ma le scelte programmatorie di questi anni sembrerebbero aver orientato l’evoluzione dei consultori nella direzione di una separazione tra funzioni sanitarie e sociosanitarie. L’investimento massiccio nelle diverse misure di sostegno economico ha generato una sovraesposizione dei consultori come servizi “sociali” a scapito dell’integrazione socio sanitaria che ne ha caratterizzato l’identità sin dalla nascita.
Il lavoro delle assistenti sociali si è molto concentrato sull’accoglimento e presa in carico delle domande di accesso alla varie misure e bonus (il bonus economico per la nascita di un figlio, per l’allattamento, per i genitori separati in condizione di vulnerabilità economica, il Bonus bebè e il Bonus famiglia per famiglie in condizioni di vulnerabilità economica e sociale…) ed anche il lavoro degli psicologi si è molto concentrato sulle funzioni legate alla tutela, il tutto a discapito di quella integrazioni tra sociale e sanitario che ha caratterizzato e qualificato la specificità dei servizi consultoriali nel corso degli anni.
Da un lato, il disegno di riforma ha chiesto agli operatori di ampliare sguardo e interventi anche all’uomo, alla coppia e alla famiglia, per riuscire a garantire alle persone un approccio globale e multidisciplinare. Contemporaneamente però, si è molto investito sulle misure economiche quali strumenti prioritari per lavorare sui bisogni sociali e si è sottovalutato il loro essere servizi a 360 gradi e per tutta la popolazione, non solo per le fragilità e le vulnerabilità.
Per un verso, il consultorio si conferma come servizio al quale accedono prevalentemente donne con richieste di tipo sanitario, per questioni che riguardano gli ambiti della prevenzione (contraccezione, gravidanza), ma anche a fronte di momenti di difficoltà e di criticità rispetto all’ambito famigliare e personale e per i quali chiedono ai Consultori un sostegno di tipo psicologico o sociale (sostegno che non sempre trova risposta adeguata a causa della ridotta capacità di presa in carico degli operatori il cui numero nel tempo si è progressivamente ridotto).
Inoltre, l’universalità dichiarata anche dalla riforma e storicamente caratterizzante i consultori, rischia di essere contraddetta da misure specifiche che si rivolgono ad un target fortemente connotato (persone in condizioni di disagio e/o di vulnerabilità socio economica). La centratura sulle misure economiche ha avuto alcune ricadute in evidente contraddizione con gli intenti programmatori:
- più che portare bisogni sociali e socio sanitari complessi, l’aver connotato i Consultori come i servizi deputati all’erogazione di misure economiche ha fatto sì che ai consultori negli ultimi anni le persone si rivolgessero per ricevere esclusivamente un contributo economico, non individuando il Consultorio come luogo dove portare bisogni complessi o meno definitivi;
- i bisogni sono individuati da criteri formali, attraverso pre-requisiti di accesso alle misure, e poco chiamano in causa la competenza dell’assistente sociale nella lettura e valutazione dei bisogni e nella co-costruzione di problemi e domande con l’utenza. Questo genera anche l’ulteriore rischio di confondere le condizioni di vulnerabilità socio economica con difficoltà economiche momentanee e/o piccole fragilità e di erogare contributi economici identici a persone in condizioni sociali, famigliari ed economiche profondamente differenti;
- la Riforma dei Consultori dichiara in modo molto chiaro la necessità che i Consultori assicurino una presa in carico globale della persona e della famiglia, ma il rischio è che si confonda l’erogazione di un contributo economico con una presa in carico;
- anche laddove le misure volevano essere “strumentali” per attivare prese in carico più ampie e articolate, le procedure stesse di erogazione della misura ne hanno di fatto limitato il loro utilizzo a una mera erogazione economica.
La riformulazione della mission dei consultori e del loro target non solo risulta oggi ancora una indicazione sulla carta, ma appare in forte contraddizione con quelle che sono state poi le scelte attuative e gli strumenti di cui i consultori sono stati dotati, con il risultato che i servizi consultoriali da un lato non sono evoluti in qualcosa di nuovo o di diverso, ma dall’altro lato si sono visti indeboliti nel loro core storico.
L’allargamento auspicato del target dei Consultori non solo secondo criteri anagrafici (0/99 anni), ma anche relativamente alle tipologie di target (anziani, persone con disabili, persone in condizioni di vulnerabilità socio economiche, donne vittima di violenza…) porta con sé altri rischi:
- da un lato i consultori rischiano di rivolgersi o di prevedere tra i loro target potenziali persone già in carico ad altri servizi specifici e specialistici (servizi per anziani, servizi sociali dei Comuni…), con una evidente sovrapposizione di ruoli e competenze;
- dall’altro di configurarsi come servizio sociale di base, ma senza possedere però strumenti e strategie di intervento spesso di pertinenza e di competenza dell’ente locale. In questo senso, anche la collaborazione con l’Ente Locale, auspicata nel disegno di riforma dei Consultori, ad oggi, per come si è declinata nelle procedure previste dalle misure (si veda per esempio, il Bonus Famiglia e l’”attestato di fragilità” che il Comune deve rilasciare per accedere all’erogazione del Bonus da parte del Consultorio), si è caratterizzata come adempimento formale, rafforzando ulteriormente la scarsa chiarezza, nei cittadini, delle funzioni specifiche e differenti tra due servizi;
- non ultimo, nella ampiezza di target, ma nella non appropriatezza di strategie e strumenti di lavoro per problematiche specifiche, il rischio è di generare un effetto disorientante, più che orientativo, per i cittadini che faticano a comprendere quali siano differenze e specificità dei servizi consultoriali, dei servizi sociali comunali, dei servizi sociali, socio assistenziali e socio sanitari specialistici…
Il confronto tenuto con alcune operatrici sul territorio ha portato all’emergere di alcune proposte che possono aiutare la chiarificazione del ruolo consultoriale che oggi pare fortemente indebolito dalla riformulazione della mission che ha reso un servizio quasi sovrapponibile al servizio sociale comunale.
Innanzitutto, si chiede che si ritorni ad attivare forti campagne di sensibilizzazione sulla sessualità, contraccettivi, maternità responsabile ecc nelle scuole in quanto si registra un aumento preoccupante dell’ignoranza sessuale tra gli adolescenti e i preadolescenti.
Si richiede che venga destinato più tempo ai ‘momenti di incontro’ per le donne e i giovani, liberando le ore degli operatori attraverso la destinazione degli adempimenti burocratici al settore amministrativo.
Si richiede di ridare continuità agli incarichi nei consultori delle figure mediche per aumentare la percezione di affidabilità del servizio e la frequentazione da parte di più utenti, sono solo coloro che in condizioni di difficoltà economica non possono permettersi il servizio privato.
In sostanza il Consultorio pubblico deve sì ammodernare le proprie funzioni allargando la mission rispetto ai nuovi bisogni territoriali, ma per fare questo non può abdicare al ruolo di presidio insostituibile per la salute delle donne, ragazze e ragazzi, in vari momenti importanti della loro vita: educazione sessuale e sanitaria, accompagnamento alla maternità e alla paternità consapevoli, accompagnamento su contraccezione, aborto, gravidanza, parto, allattamento, attività di prevenzione delle malattie, rafforzando la funzione di servizio e scambio collettivo che solo un servizio pubblico può fornire.