CREARE IL DOMANI – Il Progetto

In due parole voglio spiegarvi perchè nasce questa scuola.

Il Partito Democratico è nato e cresciuto in un sistema sociale che ha visto forti e rempentini cambiamenti, l’avvento del digitale ha stravolto le modalità di vivere delle persone e di conseguenza le modalità di reperire le informazioni e di concepire la partecipazione alla politica del proprio paese.

I partiti tradizionali come il nostro si sono trovati a dover ammodernare le loro modalità di costruzione del consenso repentinamente, alleggerendo le proprie strutture e cercando di inseguire i nuovi media in una corsa spesso difficile da sostenere.

Vivendo e pensando a come agire la nuova politica ci siamo resi conto che mentre ci attrezzavamo di strumenti tecnici di propaganda diversi cresceva sempre più l’esigenza di avere degli strumenti che ci aiutassero a interpretare la realtà e a creare il contenuto da propagare attraverso quegli stessi strumenti.

Realizzando che la velocità di azione pian piano sta togliendo tempo alla conoscenza abbiamo deciso di avere l’ambizione di colmare uno spazio che da troppo tempo ormai stava rimanendo vuoto, quello della formazione di un pensiero politico nuovo che possa renderci capaci di rappresentare le nostre comunità.

Così abbiamo deciso di investire il nostro tempo e le nostre risorse per costruire un luogo di approfondimento e dibattito aperto a tutti, che possa metterci in condizione di confrontarci con gli intellettuali e gli esperti dei temi più importanti per provare a riattrezzarci di una cosa importantissima: la capacità di elaborazione politica.

In questa scuola abbiamo l’onore di ospitare una serie di personalità che con grandissima generosità hanno deciso di mettersi in gioco, che mettono a disposizione il proprio sapere ma che sono anche disponibili a discuterne con noi, dimostrando un atteggiamento di apertura positivo e che apprezziamo veramente molto.

Sono molto contenta che questo progetto abbia riscosso anche tanto successo tra di noi, persone non per forza iscritte a partiti ma che hanno l’ambizione di vivere attivamente le proprie comunità.

Auspico che questo progetto possa essere ad esempio per la ricostruzione di una partecipazione territoriale nuova, che oltre ad avere una funzione di diffusione torni ad essere capace di proporre un’elaborazione politica utile e rappresentetiva delle comunità.

Al link https://creareildomani.wordpress.com/ trovate tutte le informazioni su Creare il Domani, se siete interessati ad approfondire il progetto contattateci!

Simona Piccolo

Standard

AUGURI EUROPA!

“La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano.”

La festa dell’Europa celebra la pace e l’unità in Europa. La data è l’anniversario della storica dichiarazione di Schuman. In occasione di un discorso a Parigi, nel 1950, l’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman ha esposto la sua idea di una nuova forma di cooperazione politica per l’Europa, che avrebbe reso impensabile una guerra tra le nazioni europee.

Nel 1950, le nazioni europee cercavano ancora di risollevarsi dalle conseguenze devastanti della Seconda guerra mondiale, conclusasi cinque anni prima. Determinati ad impedire il ripetersi di un simile terribile conflitto, i governi europei giunsero alla conclusione che la fusione delle produzioni di carbone e acciaio avrebbe fatto sì che una guerra tra Francia e Germania, storicamente rivali, diventasse – per citare Robert Schuman – “non solo impensabile, ma materialmente impossibile”.

“L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto.”

Si pensava, che mettere in comune gli interessi economici avrebbe contribuito ad innalzare i livelli di vita e sarebbe stato il primo passo verso un’Europa più unita.

Dopo tanti anni, il progetto Europa è cresciuto e si è allargato dal libero scambio di merci alla libera circolazione di persone, ma non è ancora concluso: per avere una Europa veramente unita abbiamo bisogno di fare un passo in avanti e creare un’unica identità passando attraverso la cessione di parte del potere decisionale degli stati membri su alcuni temi politici fondamentali.

Mai come ora abbiamo bisogno di procedere verso questa via per salvaguardare il primo obiettivo che ci guida: la pace mondiale.

#festadellEuropa

Standard

25 APRILE, BELLA CIAO!

Quest’anno si festeggia il 73esimo anniversario della nostra libertà e anche quest’anno parteciperò con orgoglio in veste di consigliera comunale e di militante antifascista alla commemorazione della liberazione del nostro Paese dalle forze fasciste.
La festa della Liberazione ricorda il 25 aprile del 1945. Quel giorno, il Comitato di Liberazione Nazionale – che si era formato nel 1943 a Roma con lo scopo di contrastare il nazismo tedesco e la sua occupazione in Italia – proclamò via radio l’insurrezione partigiana contro i nazifasciti e i loro presidi. La rivolta fu tale che i soldati tedeschi e quelli della repubblica di Salò iniziarono a ritirarsi, soprattutto dalle grandi città del nord Italia, quali Milano e Torino, in cui la popolazione si era unita alla rivolta dei partigiani.
La sera del 25 aprile, i partigiani occuparono la sede del giornale “Il Corriere della Sera” e usarono la sua tipografia per stampare i primi comunicati in cui si festeggiava un’Italia libera dalla dominazione straniera. Quella stessa sera, Mussolini abbandonò Milano per fuggire a Como, dove venne ucciso tre giorni dopo.
Anche il nostro comune è stato protagonista della Resistenza e ha l’orgoglio oggi di ospitare la lapide dei due partigiani Giuseppe De Vecchi e Mario Idiomi, che insieme ai tanti partigiani del gruppo antifascista di Corsico diedero il loro contributo alla lotta sul territorio.
Tanti non conoscono la loro storia, per cui credo che sia utile ricordare la loro memoria riportando di seguito un brano del libro “Lotta antifascista nel Corsichese” di Giorgio Villani e Luigi Spina.
Vi invito inoltre a partecipare al concentramento che si terrà mercoledì 25 aprile alle ore 10,30 ad Assago: il corteo che partirà da Piazza Risorgimento, dove grazie all’intervento della sezione Anpi di Assago due anni fa è stata installata una targa di ricordo, arriverà fino all’ingresso del cimitero dove si trova la lapide storica di ricordo dei due partigiani e dove, dopo il consueto discorso del Sindaco, il coro della Scuola Civica di Musica interpreterà i canti della Resistenza e l’Inno nazionale.
Le celebrazioni continueranno nel pomeriggio con la manifestazione nazionale che si terrà a Milano con partenza alle ore 14,30 da Palestro (MM1). Se ne avrete voglia, potremo marciare insieme per affermare l’importanza di vivere in uno stato libero e antifascista!
#25aprile #bellaciao

 

Standard

COSA SONO DIVENTATI I CONSULTORI PUBBLICI LOMBARDI

Dagli anni 80-90, quando i Consultori rappresentavano un presidio attivo e capillarmente diffuso sul territorio, rivolto soprattutto alla salute delle donne (a livello sanitario, di prevenzione, sociale…) si è arrivati alla situazione attuale, con Consultori che si occupano di famiglia in senso lato, compresa la disabilità, operatori oberati di pratiche burocratiche, affluenza limitata di fatto soprattutto alle persone con difficoltà economiche. Cerchiamo di fare un punto sulla situazione e capire qual  è stata l’evoluzione voluta dalla Regione Lombardia di questo servizio pubblico.

La delibera delle Regole del 2011 dichiarava in modo molto chiaro che “I consultori familiari pubblici e privati accreditati costituiscono il nodo fondamentale della complessiva rete di servizi ed interventi a favore della famiglia nel suo ruolo generativo e di cura. E` necessario pertanto prevedere un rinnovamento della mission dei consultori, affinché diventino veri centri per la famiglia in grado di assicurare la presa in carico globale di tutte le problematiche che attengono le famiglie in senso lato. Al fine di realizzare quanto citato, è necessaria una profonda revisione delle competenze, delle funzioni e del modello organizzativo dei consultori”.
In questa stessa direzione si sono orientate anche le sperimentazioni avviate in questi anni.

Nel 2011 la dgr 937 – Allegato 17 dichiarava l’intenzione di ridefinire la mission dei servizi consultoriali passando “da Consultori familiari a Centri per la famiglia”, servizi in grado cioè di promuovere ed assicurare una presa in carico globale di tutte le problematiche che attengono le famiglie in senso lato, con particolare rilievo al potenziamento delle funzioni di ascolto, orientamento, supporto e sostegno psicopedagogico. Un servizio quindi per tutti, che rilanciasse e rinforzasse la funzione preventiva, di ascolto, accompagnamento, presa in carico globale e capace di accogliere le domande e i bisogni più diversi, ascoltandoli, riformulandoli se necessario, orientandoli anche verso altri servizi.
Per adempiere a questo cambiamento, la dgr 237 richiamava anche la necessità di creare o consolidare la rete di relazioni con Enti locali, Aziende Ospedaliere, Tribunali per i minorenni, Organismi del Terzo Settore, Reti familiari e Centri di aiuto alla vita.

Il 31.12.2016 si sono concluse le sperimentazioni ed è stato approvato il nuovo tariffario e la delibera delle Regole 2017

Reperire dati sul sistema d’offerta consultoriale lombardo (personale, utenti, accessi, prestazioni, provenienza, articolazione per fasce di età…) è impresa pressoché impossibile perchè non esiste più da tempo lo strumento del Bilancio sociale regionale, in cui venivano rendicontati dati di questo tipo e non c’è ad oggi una fonte regionale dove queste informazioni vengano rese pubbliche in maniera organizzata, ma voglio comunque provare a fare un punto all’indomani della conclusione del percorso sperimentale che lo ha attraversato in questi anni e a seguito dell’approvazione del nuovo tariffario.

Dai dati che si riescono a ricostruire emerge che negli ultimi dieci anni l’evoluzione del sistema d’offerta consultoriale ha visto un andamento “altalenante”: ad un iniziale incremento dei servizi – da attribuire esclusivamente al potenziamento del settore privato – è seguita nell’ultimo quinquennio una riduzione dell’offerta che ha riguardato prevalentemente il settore pubblico: infatti, in relazione all’obiettivo fissato dalla legge regionale 34 del 1996, che indicava 1 consultorio ogni 20 mila abitanti, il rapporto tra servizio/popolazione in Regione Lombardia si attesta oltre il doppio e presenta una grande variabilità su base provinciale. A dicembre 2016, il sistema di offerta lombardo dei consultori, è composto da 237 consultori familiari, di cui:

  • 140 pubblici;
  • 97 privati di cui 89 accreditati e di questi, 80 a contratto.

Al fine di concorrere ad una maggiore omogeneità nell’offerta è stato previsto nella Delibera delle Regole 2017 di ammettere la contrattualizzazione di nuovi consultori familiari accreditati, ma non ancora a contratto, con particolare attenzione ai territori che evidenziano un sottodimensionamento rispetto al rapporto tra numero dei consultori pubblici e privati a contratto e popolazione residente. Questo investimento, seppur nasca certamente dalla consapevolezza di un sistema consultoriale sottodimensionato, appare comunque residuale e poco incisivo poichè sposta molto poco nel rapporto tra consultori e popolazione residente, inoltre conferma il sottodimensionamento sia nella comparazione con altre Regioni del Nord Italia sia rispetto al dato medio nazionale.

Dalla comparazione interregionale emerge con chiarezza la peculiarità della nostra regione, che ha evidentemente puntato sull’integrazione nel sistema pubblico dei consultori privati accreditati, rispetto alle altre “comparabili”. Una scelta che però non pare aver sostenuto un’adeguata crescita dell’offerta complessiva.

La sperimentazione conclusa nel 2016 determina la decisione di ampliare le funzioni consultoriali, approvando un nuovo tariffario che, nella sua declinazione, stabilizza le azioni innovative sperimentate nel corso degli ultimi quattro anni, attraverso:

  • l’introduzione delle funzioni di supporto psico socio educativo nel tariffario regionale;
  • la conferma delle prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria;
  • le prestazioni in materia di tutela dei minori, affidi e adozioni sono erogate in attuazione ai vigenti livelli essenziali di assistenza senza l’obbligo di prescrizione su ricettario regionale e in regime di esenzione, comprese le prestazioni mediche specialistiche erogate per il rilascio delle certificazioni ai fini dell’accertamento dell’idoneità fisica e psichica delle coppie che hanno presentato domanda di adozione al Tribunale per i minorenni (funzioni che già venivano svolte dai Consultori).

Inoltre, la delibera 6131 rende ancora più flessibili alcune prestazioni già incluse nel tariffario regionale e si caratterizza per alcune dimensioni specifiche:

  • ampliamento quantitativo dell’offerta di prestazioni erogabili (innalzamento del numero di colloqui erogabili) e ampliamento della qualità dell’offerta di prestazioni (maggiore diversificazione delle tipologie di colloqui erogabili);
  • apertura ai territori (possibilità di erogare anche fuori sede gli “Incontri con gruppi con utenti” secondo diverse tipologie ampliate di incontri);
  • ampliamento della remunerazione per le funzioni di “Accoglienza e tutoring”;
  • riconoscimento del lavoro anche con piccoli gruppi (numero minimo di 4 persone anziché 15) nelle attività di prevenzione ed educazione della salute.

Queste modifiche apparentemente “tecniche”, vanno in realtà nella direzione di sostenere, rinforzare e finanziare in modo più significativo interventi educativi e psicosociali e attività nei territori, interventi e attività che oggi sembrerebbero maggiormente sostenibili per i consultori privati accreditati più che per i consultori pubblici

I servizi consultoriali nascono come servizi ad alta integrazione socio sanitaria, ma le scelte programmatorie di questi anni sembrerebbero aver orientato l’evoluzione dei consultori nella direzione di una separazione tra funzioni sanitarie e sociosanitarie. L’investimento massiccio nelle diverse misure di sostegno economico ha generato una sovraesposizione dei consultori come servizi “sociali” a scapito dell’integrazione socio sanitaria che ne ha caratterizzato l’identità sin dalla nascita.

Il lavoro delle assistenti sociali si è molto concentrato sull’accoglimento e presa in carico delle domande di accesso alla varie misure e bonus (il bonus economico per la nascita di un figlio, per l’allattamento, per i genitori separati in condizione di vulnerabilità economica, il Bonus bebè e il Bonus famiglia per famiglie in condizioni di vulnerabilità economica e sociale…) ed anche il lavoro degli psicologi si è molto concentrato sulle funzioni legate alla tutela, il tutto a discapito di quella integrazioni tra sociale e sanitario che ha caratterizzato e qualificato la specificità dei servizi consultoriali nel corso degli anni.

Da un lato, il disegno di riforma ha chiesto agli operatori di ampliare sguardo e interventi anche all’uomo, alla coppia e alla famiglia, per riuscire a garantire alle persone un approccio globale e multidisciplinare. Contemporaneamente però, si è molto investito sulle misure economiche quali strumenti prioritari per lavorare sui bisogni sociali e si è sottovalutato il loro essere servizi a 360 gradi e per tutta la popolazione, non solo per le fragilità e le vulnerabilità.

Per un verso, il consultorio si conferma come servizio al quale accedono prevalentemente donne con richieste di tipo sanitario, per questioni che riguardano gli ambiti della prevenzione (contraccezione, gravidanza), ma anche a fronte di momenti di difficoltà e di criticità rispetto all’ambito famigliare e personale e per i quali chiedono ai Consultori un sostegno di tipo psicologico o sociale (sostegno che non sempre trova risposta adeguata a causa della ridotta capacità di presa in carico degli operatori il cui numero nel tempo si è progressivamente ridotto).

Inoltre, l’universalità dichiarata anche dalla riforma e storicamente caratterizzante i consultori, rischia di essere contraddetta da misure specifiche che si rivolgono ad un target fortemente connotato (persone in condizioni di disagio e/o di vulnerabilità socio economica). La centratura sulle misure economiche ha avuto alcune ricadute in evidente contraddizione con gli intenti programmatori:

  • più che portare bisogni sociali e socio sanitari complessi, l’aver connotato i Consultori come i servizi deputati all’erogazione di misure economiche ha fatto sì che ai consultori negli ultimi anni le persone si rivolgessero per ricevere esclusivamente un contributo economico, non individuando il Consultorio come luogo dove portare bisogni complessi o meno definitivi;
  • i bisogni sono individuati da criteri formali, attraverso pre-requisiti di accesso alle misure, e poco chiamano in causa la competenza dell’assistente sociale nella lettura e valutazione dei bisogni e nella co-costruzione di problemi e domande con l’utenza. Questo genera anche l’ulteriore rischio di confondere le condizioni di vulnerabilità socio economica con difficoltà economiche momentanee e/o piccole fragilità e di erogare contributi economici identici a persone in condizioni sociali, famigliari ed economiche profondamente differenti;
  • la Riforma dei Consultori dichiara in modo molto chiaro la necessità che i Consultori assicurino una presa in carico globale della persona e della famiglia, ma il rischio è che si confonda l’erogazione di un contributo economico con una presa in carico;
  • anche laddove le misure volevano essere “strumentali” per attivare prese in carico più ampie e articolate, le procedure stesse di erogazione della misura ne hanno di fatto limitato il loro utilizzo a una mera erogazione economica.

La riformulazione della mission dei consultori e del loro target non solo risulta oggi ancora una indicazione sulla carta, ma appare in forte contraddizione con quelle che sono state poi le scelte attuative e gli strumenti di cui i consultori sono stati dotati, con il risultato che i servizi consultoriali da un lato non sono evoluti in qualcosa di nuovo o di diverso, ma dall’altro lato si sono visti indeboliti nel loro core storico.

L’allargamento auspicato del target dei Consultori non solo secondo criteri anagrafici (0/99 anni), ma anche relativamente alle tipologie di target (anziani, persone con disabili, persone in condizioni di vulnerabilità socio economiche, donne vittima di violenza…) porta con sé altri rischi:

  • da un lato i consultori rischiano di rivolgersi o di prevedere tra i loro target potenziali persone già in carico ad altri servizi specifici e specialistici (servizi per anziani, servizi sociali dei Comuni…), con una evidente sovrapposizione di ruoli e competenze;
  • dall’altro di configurarsi come servizio sociale di base, ma senza possedere però strumenti e strategie di intervento spesso di pertinenza e di competenza dell’ente locale. In questo senso, anche la collaborazione con l’Ente Locale, auspicata nel disegno di riforma dei Consultori,  ad oggi, per come si è declinata nelle procedure previste dalle misure (si veda per esempio, il Bonus Famiglia e l’”attestato di fragilità” che il Comune deve rilasciare per accedere all’erogazione del Bonus da parte del Consultorio), si è caratterizzata come adempimento formale, rafforzando ulteriormente la scarsa chiarezza, nei cittadini, delle funzioni specifiche e differenti tra due servizi;
  • non ultimo, nella ampiezza di target, ma nella non appropriatezza di strategie e strumenti di lavoro per problematiche specifiche, il rischio è di generare un effetto disorientante, più che orientativo, per i cittadini che faticano a comprendere quali siano differenze e specificità dei servizi consultoriali, dei servizi sociali comunali, dei servizi sociali, socio assistenziali e socio sanitari specialistici…

Il confronto tenuto con alcune operatrici sul territorio ha portato all’emergere di alcune proposte che possono aiutare la chiarificazione del ruolo consultoriale che oggi pare fortemente indebolito dalla riformulazione della mission che ha reso un servizio quasi sovrapponibile al servizio sociale comunale.

Innanzitutto, si chiede che si ritorni ad attivare forti campagne di sensibilizzazione sulla sessualità, contraccettivi, maternità responsabile ecc nelle scuole in quanto si registra un aumento preoccupante dell’ignoranza sessuale tra gli adolescenti e i preadolescenti.

Si richiede che venga destinato più tempo ai ‘momenti di incontro’ per le donne e i giovani, liberando le ore degli operatori attraverso la destinazione degli adempimenti burocratici al settore amministrativo.

Si richiede di ridare continuità agli incarichi nei consultori delle figure mediche per aumentare la percezione di affidabilità del servizio e la frequentazione da parte di più utenti, sono solo coloro che in condizioni di difficoltà economica non possono permettersi il servizio privato.

In sostanza il Consultorio pubblico deve sì ammodernare le proprie funzioni allargando la mission rispetto ai nuovi bisogni territoriali, ma per fare questo non può abdicare al ruolo di presidio insostituibile per la salute delle donne, ragazze e ragazzi, in  vari momenti importanti della loro vita: educazione sessuale e sanitaria, accompagnamento alla maternità e alla paternità consapevoli, accompagnamento su contraccezione, aborto, gravidanza, parto, allattamento, attività di prevenzione delle malattie, rafforzando la funzione di servizio e scambio collettivo che solo un servizio pubblico può fornire.

 

 

 

Standard

L’1% del Bilancio Regionale per le Politiche sulla Casa

tesseraDi casa la politica parla sempre meno. Questo a dispetto della centralità del tema – prima di tutto è importante avere un tetto sopra la testa – e del numero crescente di famiglie che, per via della crisi, hanno problemi o con l’affitto, o hanno la casa all’asta, o subiscono uno sfratto esecutivo o, ancora, non riescono più a pagare il mutuo.

Io invece ne voglio parlare e voglio che il tema abbia il posto che merita nella campagna elettorale. Lo riprenderò a più riprese e, nel caso fossi eletta in consiglio regionale, vorrei condurre alcune battaglie.

Oggi parto dalla questione centrale. I soldi.

In Regione Lombardia manca una politica strutturale sulla casa. Oggi anno non si sa precisamente quante risorse vengano destinate a queste misure. Recentemente la riforma voluta dalla giunta Maroni ha introdotto il concetto di “servizi abitativi”. La casa come un servizio. Se ne può discutere, ma se la casa è un servizio, come vale per tutti gli altri servizi, servono finanziamenti certi e stabili nel tempo: un servizio non può essere erogato una tantum; è un servizio proprio perché ha continuità e per essere accessibile.

In questa partita gioca un ruolo chiave l’Aler, la derelitta società regionale che gestisce un patrimonio enorme e particolarmente concentrato su Milano e alcuni comuni della Città Metropolitana.

Bene, Aler si trova in una condizione disperata dal punto di vista dei bilanci: si parla di un buco di almeno 500 milioni di euro, legati alla scellerata gestione messa in campo negli anni dal centrodestra regionale e culminato in diverse inchieste ed altrettanti scandali. Continua a leggere

Standard

L’AMBIENTE URBANO: COME POSSIAMO RIEQUILIBRARE IL NOSTRO TERRITORIO?

Vivere nella cintura metropolitana di Milano significa anche interessarsi del proprio ambiente.

Tantissimi cittadini dell’area metropolitana vivono all’interno del Parco Agricolo Sud Milano: una ampia superficie estesa a semicerchio lungo il perimetro a sud della provincia di Milano composta da 61 Comuni.

In generale ancora troppi pensano che questo “beneficio” ambientale non significhi altro che poter accedere a un’area di svago e relax, ma non è così: all’interno del parco ci sono tante associazioni e aziende agricole che operano tutti i giorni per raggiungere l’obiettivo di valorizzare e riqualificare le aree agricole e far conoscere le potenzialità del territorio fuori porta a Milano e in Lombardia.

Ieri ho avuto l’occasione di incontrare due importanti personalità del mondo “green” dell’area metropolitana di Milano, Sergio Pellizzoni, agronomo e agricoltore di prossimità, e Silvio Anderloni, direttore del Centro per la Forestazione Urbana. Entrambi mi hanno aiutato a realizzare una riflessione importante: passata un’epoca di grande acquisizione di consapevolezza ambientale che ha visto il riconoscimento di attività volte al recupero agricolo e ambientale nell’area urbana e periurbana, oggi il lavoro sul tema “ambiente” si è cristallizzato nella gestione ordinaria delle prassi prodotte ed ora esistenti sul territorio. Sicuramente questo è sufficiente per mantenere una dignitosa salvaguardia del territorio, ma non è abbastanza se vogliamo iniziare a pensare l’ambiente che viviamo non solo come un insieme di aree più o meno edificabili, ma come un sistema ecologicamente auto equilibrante e auto sostenibile.

La Lombardia, e in particolare la Città Metropolitana di Milano, è ormai diventata l’area più inquinata d’Europa: le soluzioni spot per cercare di ridurre le emissioni di CO2 sono insufficienti, l’ente Regione non si è mai occupato di creare né ha mai voluto aderire a un piano di conversione green del territorio e la conseguenza di ciò è che e il tasso di mortalità da inquinamento non diminuisce, anzi è in aumento. Tante aree metropolitane europee si sono date obiettivo 0 vendita di auto a benzina/gasolio entro il 2025 e tante altre hanno iniziato a invertire la visione delle pianificazioni urbanistiche, favorendo la coltura nelle aree pianeggianti centrali e spostando gli insediamenti nelle aree collinari periferiche, solo noi siamo rimasti al concetto di sviluppo urbano anni ’80!

Eppure, le potenzialità per cambiare il nostro territorio puntando su una nuova forestazione, su un’agricoltura di impresa locale e  su una fruizione del verde pubblico attiva da parte dei cittadini sono a portata di mano, basterebbe che l’ente pubblico avesse il coraggio di investire su un piano di sviluppo integrato di lungo periodo volto a riequilibrare ecologicamente ed economicamente il nostro territorio.

L’esempio del Bosco in Città e del Parco delle Cave ci dice che quando il pubblico responsabilizza gli enti gestori dotandoli di adeguati finanziamenti e assegnando loro l’intera gestione del processo di mantenimento e sviluppo del verde urbano attraverso la riforestazione e l’attivazione di programmi di coinvolgimento attivo dei cittadini che si riappropriano degli spazi, l’intera area urbana confinante i parchi beneficia di maggior equilibrio ecologico e di una maggiore sicurezza dei luoghi pubblici.

L’esempio del campo frutticolo di Caio Mario invece è un esperimento di agricoltura di prossimità che vuole andare oltre l’assistenzialismo e vuole portare nella Città Metropolitana l’esperienza dell’agricoltura locale non intensiva come vera e propria impresa di autosostentamento che reintroduce alcune professioni in città, riequilibra ecologicamente l’ambiente urbano, contribuisce a migliorare il controllo del territorio contro chi inquina o costruisce abusivamente e, nel lungo periodo, aiuta ad allontanare i gas di scarico dei veicoli trasportatori di alimentari. Questi esperimento di rifà all’esempio di nuovo sviluppo urbanistico francese che si sta sviluppando ad esempio a Grenoble.

Ciò che accomuna entrambe le esperienze che ho visitato ieri è la seguente richiesta: la regione Lombardia smetta di essere attore passivo dello sviluppo agricolo e ambientale del territorio, costruisca una visione di lungo periodo dello sviluppo territoriale orientata alla creazione di un equilibrio ecologico auto sostenibile tra città, foreste, parchi e campi agricoli, abbia il coraggio di investire sulle imprese agricole non intensive e sulla reale responsabilizzazione degli enti che gestiscono i parchi. Le esperienze, il know how e la volontà da parte degli attori territoriali c’è, devono solo di essere messi in condizione di poter realizzare questa tanto attesa rivoluzione ambientale.

Personalmente mi farò carico di queste istanze e le porterò in Regione Lombardia, nulla può essere progettato per il futuro se per prima cosa non pensiamo a come far sopravvivere il nostro territorio al presente!

Standard

Correrò anche io per far vincere Gori in Regione Lombardia!

Carissimi,

ieri durante la direzione metropolitana del Partito Democratico è stata approvata la lista dei candidati al consiglio della regione Lombardia e con piacere posso confermarvi che è stata accolta la mia proposta di candidatura.

Parte una nuova avventura che vorrei coinvolgesse tutti coloro che sentono di poter riporre in me la fiducia per la crescita di una azione politica chiara nei principi e nelle azioni volta a migliorare i diritti e i servizi per i cittadini lombardi.

Avremo modo di snocciolare tutte le proposte politiche nei prossimi giorni, mi rendo però disponibile fin da subito a raccogliere idee, spunti e bisogni da tutti!

Intanto mi preme ringraziare tutti i circoli e le persone che dentro e fuori il Partito Democratico hanno voluto con forza la mia candidatura: rappresenta un’importante attestazione di stima che mi rende ancora più orgogliosa e motivata a intraprendere questa sfida.

Sono sicura che lavorando insieme riusciremo a portare la nostra voce in Regione!

 

A presto,

Simona Piccolo

Standard

A cosa serve il “coordinamento di zona”

Dal 2015 il nostro territorio ha assunto una forma organizzativa istituzionale diversa dal passato: con la costituzione della Città Metropolitana le due zone del corsichese e rozzanese, fino ad allora distinte, si sono ritrovare unite diventando ambiti di una area omogenea unica: la zona Sud Ovest Milanese.

Questo cambiamento a prima vista può apparire solo formale, in realtà ha portato con sé una serie di innovazioni sostanziali che per poter diventare risorse della nostra realtà dovevano essere accettate dai territori stessi nelle quali sono state calate.

Per agevolare questo processo il Partito Democratico ha deciso di riorganizzare anche la sua struttura territoriale ed ha inaugurato così una nuova figura di tramite del rapporto tra circoli territoriali e federazione metropolitana, e io sono stata eletta come prima coordinatrice della zona sud ovest.

In questi anni abbiamo lavorato molto per creare una nuova identità di gruppo e per iniziare ad avere una visione di politica di insieme che cerchi di proporre soluzioni di vita utili ai nostri cittadini che più di noi non si sentono appartenere a un comune solo, bensì a un’area più vasta e complessa, e pretendono che le scelte a disposizione possano comprendere tutte le possibilità presenti sul territorio.

La nostra zona è attualmente governata per la maggioranza da amministratori che aderiscono al centro sinistra e in generale il livello di gestione è considerato buono dai cittadini, ma anche i nostri sindaci, come i tanti loro colleghi italiani, stanno vivendo il periodo più buio della nostra storia economico-finanziara, affrontando i tagli alla spesa e l’inasprimento della burocrazia per aiutare il risanamento di una crisi senza precedenti, per cui, per forza di cose molte volte sono concentrati sul particolare riguardante il proprio territorio.

La funzione che si è posta sin dall’inizio l’organizzazione politica zonale è stata proprio quella di proporsi come sintetizzatore di proposte politiche comuni tra le varie amministratori, al fine di creare un ponte con i cittadini e, perché no, costruire anche progetti che aiutino economie di scala nelle amministrazioni.

Dopo tre anni possiamo dire di aver raggiunto il primo obiettivo: abbiamo creato una comunità di zona! I circoli PD ora si confrontano e ragionano abitualmente insieme sui problemi per trovare soluzioni condivise tra tutti e crediamo che questo i cittadini lo stiano iniziando a percepire. Continuando sulla linea dell’apertura agli stimoli ambientali e sulla orizzontalità del modello decisionale la nostra zona sarà capace di esprimere sempre più una identità unica e che nel futuro riuscirà a far crescere una classe politica dirigente preparata e ben voluta dal territorio.

Ci manca ora di raggiungere il secondo degli obiettivi che ci siamo posti: ottenere una maggiore unitarietà amministrativa. Con l’esperienza di questi anni di lavoro abbiamo capito che essa si ottiene anche avendo una rappresentanza di riferimento in organi superiori che possa aiutare i sindaci a organizzarsi in azioni comuni e a pesare nel quadro istituzionale complessivo. Il 2018 sarà un anno importante per raggiungere questo obiettivo, ci aspettano delle scadenze elettorali importanti e la squadra di zona non diserterà questo importante appuntamento proprio in funzione dell’obiettivo che ci siamo posti.

Standard

Pensieri sul nuovo anno

Carissimi,

quest’anno, più di altri, si chiude lasciandoci il presagio dell’arrivo di un nuovo ciclo: le vecchie abitudini, i vecchi stereotipi non valgono più, non troviamo più corrispondenza tra ciò che fu e ciò che è, quasi come se stessimo assistendo all’azzeramento dell’esperienza accumulata in tanti anni di storia moderna… e abbiamo paura di ciò che sarà perchè non sappiamo predire il futuro.
Se fino a ieri abbiamo cercato di salvaguardare le nostre zone di confort e abbiamo cercato di convincerci che il fermento esistente fosse passeggero, oggi non possiamo più negare che stiamo andando verso un ciclo nuovo. E’ necessario quindi ora più che mai lanciare il cuore oltre l’ostacolo e cercare di rimettere in discussione in primis noi stessi, poi il sistema di regole nel quale viviamo per renderlo più affine al nuovo mondo che ci attende.
Come sapete, io penso che noi siamo gli artefici del destino dell’ambiente nel quale viviamo, ma non nego che nei momenti più complessi e difficili di questo anno anche io ho avuto parecchie perplessità sull’utilità di agire attivamente nella società, perchè mi sembrava quasi che i principi che mi animano perdessero peso nella collettività che frequento.
Però la vita è curiosa e quando decidi che non ne vale più la pena ti capita di incontrare esperienze e sguardi che ti sembrano dire “c’è un senso nelle cose che fai”, ti danno la certezza che è necessario seguire la passione dell’agire quotidianamente per cercare di migliorare il piccolo pezzo di mondo che ti ospita.
Tutti i giorni ascoltiamo notizie che ci scoraggiano e che addirittura a volte ci atterriscono (last but not least – dicono gli inglesi – le bruttissime notizie che arrivano da Como non possono lasciarci indifferenti!), ma non dobbiamo arrenderci all’oggi, dobbiamo lottare per affermare che questo non è il mondo che vogliamo, dobbiamo farci trovare preparati a vivere un domani non ancora noto e che sicuramente ci sorprenderà.
A poco a poco riuscire a ritrovare piacere nell’impegnarsi insieme a migliorare la nostra comunità nel segno della solidarietà sociale e nel rispetto delle differenze. Questo piccolo principio rappresenta per me oggi l’unico faro che in un mondo in tempesta una barca senza bussola può seguire sicura di non sbagliare rotta.
Con l’auspicio che ciascuno di noi possa portare un pezzettino del meglio di sè nel nuovo “domani”, tanti auguri di cuore a voi e alle vostre famiglie,
Un abbraccio,
Simona Piccolo
Standard